Body Art di Don DeLillo

Il tempo sembra passare. Il mondo accade, gli attimi si svolgono, e tu ti fermi a guardare un ragno attaccato alla ragnatela. C'è una luce nitida, un senso di cose delineate con precisione, strisce di lucentezza liquida sulla baia. In una giornata chiara e luminosa dopo un temporale, quando la più piccola delle foglie cadute è trafitta di consapevolezza, tu sai con maggiore sicurezza chi sei. Nel rumore del vento tra i pini, il mondo viene alla luce, in modo irreversibile, e il ragno resta attaccato alla regnatela agitata dal vento.

martedì 24 novembre 2009

Sulla poesia di Bondi #2

Sandro Bondi è innanzitutto un poeta straordinariamente prolifico. Ogni occasione, ogni incontro è buono per buttar giù quattro versi. Egli trabocca di sentimenti che evidentemente si fanno parola, chiedendo disperatamente di essere scritti. Ha dedicato poesie a chiunque nel giro delle sue conoscenze, a destra e a manca. E’ infatti poeta politicamente trasversale, che soprattutto riesce a proporre sempre parole e concetti assolutamente nuovi.
Partiamo subito con gli esempi concreti. Citiamo qui le parole dello stesso Bondi, così sincere e coinvolte, da rappresentare la presentazione ideale per il “misurato” componimento dedicato a Silvio Berlusconi. Dice il Bondi: “Avevo scritto un anno fa proprio sulle pagine di Vanity Fair che l’avventura umana e politica di Silvio Berlusconi non avrebbe potuto chiudersi nel modo in cui si pronosticava dopo il voto del 2006, ma che avrebbe conosciuto, come tutte le belle storie, un lieto fine. E difatti, dopo traversie di ogni tipo avvenute in questi ultimi quattordici anni, ecco che Silvio Berlusconi vince nuovamente con un vero e proprio plebiscito. In questo momento il mio stato d'animo è comprensibilmente di felicità e di ammirazione per un uomo che, anche in questa campagna elettorale, ha saputo non solo rappresentare meglio di altri le speranze di cambiamento della maggioranza degli italiani, ma, soprattutto, che si è speso senza risparmio di energia, con una generosità e un entusiasmo commoventi.
Gli dedico con affetto questa poesia.

Magico silenzio
Intenerito ardore
Campo di girasoli
Sole dell’allegria


“Versi diversi” si chiama la rubrica di Vanity Fair che ospita gli “haiku” all’italiana di Bondi (mi si perdoni l’impropria metafora e soprattutto mi perdonino i giapponesi, ma si tratta solo di una sbrigativa semplificazione). Ma poi diversi da chi? Un momento! Versi Diversi? Nemmeno troppo! Ci torna in mente infatti con violenza un’altra poesia di Bondi, intitolata “Per le nozze di Elio Vito”:

Fra le tue braccia magico silenzio
Fra le tue braccia intenerito ardore
Fra le tue braccia campo di girasoli
Fra le tue braccia sole dell’allegria


Ma come? E’ uguale! L’ha riciclata! Non ci posso credere il “Vate paraculo da Fivizzano” ha proprio una faccia da tolla di proporzioni epiche (altro che poetiche). Ma poi, fare questo a Silvio!

Accusiamo il colpo e nonostante un malcelato disgusto, proviamo a portare avanti la nostra modesta analisi.
Dicevamo che il “vate” ha dedicato poesie a chiunque. Per esempio a Stefania Prestigiacomo:

Luna indifferente
Materna sensualità
Velo trasparente
Severo abbandono


Oppure a Michela Vittoria Brambilla

Ignara bellezza
Rubata sensualità
Fiore reclinato
Peccato d’amore


Per ora fermiamoci qua, ma anticipiamo che bersaglio della sensibilità traboccante del Bondi sono stati anche Anna Finocchiaro, Giuliano Ferrara, Luciana Littizzetto, Barack Obama, alcune ragazze incontrate sul treno ecc. ecc. ecc. (tre volte, perché la creatività del nostro è davvero inarrestabile. Il terrore del foglio bianco gli fa un baffo. Per lui respirare e scrivere sono un sol gesto in effetti, l’uno praticamente la conseguenza dell’altro: “scrivo dunque sono!” potrebbe dire Bondi stesso).

Le poesie citate sono comunque tutte abbastanza esemplari della tecnica poetica del Bondi. Il soggetto viene “ridotto” a pochi esemplificativi concetti a loro volta ridotti semplicemente a sostantivo più aggettivo. Ma è proprio qui che il Bondi denuncia la sua straordinaria originalità poetica. L’accostamento del sostantivo e dell’aggettivo è soprendente. Stupisce per l’incredibile temerarietà. Al di là della decostruzione linguistica (ottenuta per sottrazione estrema) è questo che rende il poetare bondiano unico.
Rileggiamo la poesia dedicata a Stefania Prestigiacomo. Chi avrebbe mai potuto anche solo pensare di riferirsi alla luna come indifferente? O immaginare un velo trasparente? Ci colpiscono poi come un pugno la materna sensualità e il severo abbandono. E ancora ignara bellezza, riferendosi a Michela Vittoria Brambilla, rubata sensualità, fiore reclinato, peccato d’amore. Dalla poesia bondiana non sono assenti solo tutti quegli inutili orpelli grammaticali e sintattici della lingua, che egli riduce al midollo, all’essenza significante, sono anche assenti i luoghi comuni classici del dire poetico. Egli introduce in poesia oggetti che mai prima d’ora vi erano entrati: la luna, l’amore, la sensualità!
Ci scusiamo per il modo caotico con cui stiamo presentando suggestioni e idee sull’opera bondiana. Ma a contatto con cotanta poesia la nostra lucidità intepretativa vacilla, i ragionamenti si offuscano, le intuizioni affiorano alla rinfusa, così come ve le presentiamo.
Alcuni versi della poesia alla Brambilla però, seppur fulgidi, sono caratterizzati da un’estrema “ermeticità”, che a malapena siamo sicuri di comprendere fino in fondo. Quel fiore reclinato, apre infatti, a ben vedere, orizzonti a una semplice occhiata assolutamente insospettabili. Il Bondi e la Brambilla hanno trombato? E per di più in auto? Lei però, ignara bellezza, non se n’è accorta, il che potrebbe indicare che l'orgasmo sia solo immaginato, frutto dei sogni perversi del vate poeta, ecco perché la sensualità appare rubata. L’unico dubbio è se nel sogno bondiano la Brambilla fosse distesa sul sedile opportunamente reclinato, oppure se ella, ovvero il fiore, piegasse il capo (reclinato appunto) nel gesto tipico della fellazio, gesto che, per l’animo religioso e conseguentemente contrito del Bondi, giustificherebbe il verso finale peccato d’amore!

Chiuderei qui la seconda parte del nostro excursus, in attesa di misurarci con il capolavoro bondiano: quello che è stato già definito il “trittico della sacra famiglia”. Vi propongo infine un mio personale misero tentativo di imitazione dello stile bondiano, solo per dimostare quanto i componimenti del nostro (a parte la poesia riciclata a Silvio Berlusconi) non siano affatto casuali e quindi difficilmente riproducibili:

A Sandro Bondi

Preveggente sfera
Rosso pentimento
Clamore sommesso
Peccato d’orgoglio


Due giorni due, per completarla. Sono sconvolto, provato per l’immenso sforzo, eppure so che a nulla è valso. Non me ne voglia Bondi per questa mia dedica così inadeguata

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